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La speranza di una buona scuola: fare esperienza, scegliere, accompagnare, orientare e inventare un modo di stare al mondo

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Concedersi qualche minuto prima che tutto inizi. Prima dell’arrivo dell’ospite, dei relatori e del pubblico. Per osservare un luogo speciale che racchiude secoli di storia e continua ad essere nel presente il cuore delle iniziative con cui il CREA è in grado di promuovere in vario modo, con modalità e linguaggi differenti, l’innovazione.

L’intento è quello di stare insieme, confrontarsi, ascoltare pareri e opinioni discordanti, diverse ma pur sempre accomunate dal desiderio di alimentare un sincero dibattito. Qualche minuto prima che tutto inizi il Teatro anatomico dell’Università degli Studi di Cagliari è ancora vuoto e il silenzio degli attimi precedenti mette i brividi. Quante cose straordinarie sono accadute e quante cose ancora dovranno succedere.

Negli anni il teatro è diventato anche per il CREA un centro nevralgico. Qui si svolgono i pitch degli aspiranti startupper. Nello stesso luogo in cui trova dimora l’innovazione, dove la ricerca universitaria incontra la società, le imprese, la politica.

Alessandro Fusacchia – capo di gabinetto al Miur, dal 2014 al 2016  e autore del libro “Lo stato a nudo” – è il primo ospite della rassegna di iniziative con cui il CREA inaugura un intenso ciclo di eventi e incontri dedicati alla cultura di impresa, nel senso più esteso del termine.

L’attesa e il pubblico

I ragazzi del CPlus+ sono i primi a prendere posto negli spalti di legno. Conoscono bene l’antico teatro, è qui che in più di un’occasione hanno raccontato ai compagni di corso le idee di nuovi percorsi imprenditoriali, come aspiranti startupper. Non sono gli unici. Partecipano molti docenti. Sentono l’argomento vicino. È unica l’occasione per parlare con l’autore che in prima persona descrive le dinamiche che hanno portato all’ideazione della Legge sulla Buona Scuola.

Il pubblico durante la presentazione: docenti, ricercatori e aspiranti startupper

La moderatrice dell’incontro è la prof.ssa Maria Del Zompo. L’ex rettrice è accomodata in prima fila, squaderna fogli di appunti, note, una sfilza di domande da porre all’autore del libro. Ha stima nei confronti di Alessandro Fusacchia, ma vuole approfondire. Lei che ha vissuto le riforme relative alla cosiddetta “Buona università” nutre qualche dubbio in merito all’attributo scelto per connotare la riforma. Insomma l’ex rettrice, con fare gentile, non riesce a nascondere il suo disappunto. Quella riforma dal suo punto di vista non ha avuto nulla di buono.

Il dibattito inizia in maniera frizzante. Ma Fusacchia non si fa scalfire. Ha un piglio sereno e sarcastico. In fondo sta dalla stessa parte dei docenti, dei ragazzi che vorrebbero diventare startupper e perfino dell’ex rettrice. Alessandro Fusacchia presenta il suo libro nel posto che storicamente ha accolto generazioni di futuri medici. La sua pratica di politico e poi di scrittore non è molto diversa dal tentativo di sezionare un corpo di cui si vorrebbero sondare le funzioni ma anche le disfunzioni. Un lavoro meticoloso che richiama l’attenzione del chirurgo nel momento della sutura, perché le tracce della ferita, dopo un’operazione complicata, siano quasi impercettibili.

Una storia personale e collettiva

Fusacchia – capo di gabinetto al Miur, dal 2014 al 2016 – racconta al pubblico del Teatro anatomico la genesi di una legge, i valori che la animano in fase di ideazione e le aspettative nei confronti della sua attuazione. “Lo stato a nudo” è la storia intima della «Buona scuola», dice l’autore, ma allo stesso tempo è una storia che parla di cicatrici personali, delusioni, malcontento, da una parte. Dall’altra invece è un racconto sulla speranza del cambiamento, sulla necessità di ritrovarsi dopo la tempesta, la tempesta dell’autore nei tre anni da capo di gabinetto al Miur e quella degli insegnanti, dei docenti, dei ragazzi che la scuola la vivono per darsi un’opportunità nella vita.

Un esercizio di stile e contenuto

È un esperimento stilistico interessante quello dell’autore. Fusacchia assomiglia ai primi storiografi greci che a gamba tesa entrano nelle trincee della storia per testimoniarla. Vive e racconta in prima persona quello che vede. Lo restituisce al pubblico di lettori con la sua esperienza e prende nota di quanto accade nel suo diario – secondo l’autore, ognuno dovrebbe averne uno, poco importa l’intento con cui si scrive in quel momento, perché prima o poi potrebbe essere utile. Ciò che Fusacchia racconta è la verità. Un altro grande storico del passato l’avrebbe definita “un possesso per sempre”, un insegnamento per le future generazioni.

L’autore, Alessandro Fusacchia

L’ex capo di gabinetto guarda le storture del sistema, con l’ambizione di raddrizzarle e spera di poterne modificare gli ingranaggi. Questo è il leitmotiv che distingue l’ultimo lavoro di Fusacchia, cangiante e sorprendente nel passaggio da uno stile all’altro: vicino al genere narrativo storico, al thriller e ancora al reportage giornalistico.

Ma “Lo stato a nudo” ricorda anche il genere “autobiografico” – la prospettiva dell’autore e del narratore coincidono. E sebbene il racconto sia limitato alla storia personale di soli tre anni, Fusacchia si rivolge al passato, riuscendo ad entrare in dialogo con l’Alessandro ragazzo, alla ricerca della sua strada dopo aver lasciato Rieti per studiare a Gorizia. Ne “Lo stato a nudo” la storia personale – quella familiare – e la storia politica e lavorativa, in qualità di alto funzionario dello Stato, si intrecciano, fino a confondersi.

Una opportunità rivoluzionaria?

Per l’autore la risposta è sì. Le intenzioni sono nobili: il tentativo di tornare ad assumere nella scuola solo per concorso, premiare i docenti capaci, l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria – non per lavorare prima del tempo, ma per toccare con mano il valore e l’applicazione dello studio – o ancora il piano per la digitalizzazione delle scuole.

La realtà invece è un’altra. Classi di concorso, categorie che restringono il cerchio e limitano l’immaginazione e la creatività. Gli intellettuali criticano la legge sulla buona scuola. Lo scrittore Alessandro Baricco si inalbera, sostiene che la buona scuola dovrebbe essere ben altro, ad esempio dovrebbe coincidere con lo studio del teatro della musica e molto altro. Fusacchia ci sta, condivide il pensiero, non fa altro che parlarne in tutto il libro e lo ribadisce durante l’incontro presso il Teatro anatomico: l’intenzione è quella di scardinare un sistema farraginoso e inattuale.

Alcuni partecipanti del CPLUS+

Il suo modello di riferimento sono le startup, la commistione di saperi, i percorsi di formazione che insegnano a tirar fuori più di una risorsa, in base al contesto, in base agli incontri del momento, alle necessità e ai bisogni da soddisfare. Con l’unico obiettivo di rispondere ai limiti posti dall’immaginazione e dalla creatività. Alessandro Fusacchia incontra il favore dei ragazzi del CPlus+ che lo ascoltano. Proprio loro che si occupano di social innvoation e nel corso del tempo  – accompagnati da mentor e business angel – hanno scoperto nella contaminazione una delle carte vincenti per scalare nel mondo del mercato.

È l’ideale a cui ambire. Ma in effetti resta anche per l’ex capo di gabinetto una perplessità: come far entrare un piede troppo grande – quello degli apprendimenti e degli insegnamenti innovativi – all’interno di una scarpetta minuscola, la scuola? Un bel sogno che si infrange davanti alla rigidità della burocrazia e al tempo che sembra essersi cristallizzato perfino nell’ambito della formazione dei docenti che – nel migliore dei casi – maneggiano bene i contenuti, ma sul fronte dei metodi sono fermi da decenni. E se qualcosa sanno, tutto è demandato alla personale voglia di approfondire nuove buone pratiche di insegnamento. Manca invece una visione sistemica e lungimirante allo stesso tempo, secondo Fusacchia.

Inventare una maniera di stare al mondo

Durante il confronto, giunto ormai alla fine, interviene la prof.ssa Di Guardo, la direttrice del CREA. È il momento di tirare le somme e chiedersi se allora ci sia ancora speranza per la scuola. Fusacchia è convinto di sì. La speranza è contenuta nel passato, nel flashback in cui racconta di sé, giovane liceale a Rieti. Una piccola realtà di provincia, nel contesto di una famiglia felice, calorosa. Fusacchia prende in considerazione l’opportunità di frequentare l’Università. Sceglie Scienze internazionali e diplomatiche. Le sue sono parole di incoraggiamento:

Non pensare a dove vorrai stare. Pensa intanto ad andare. Scoprire cosa c’è là fuori, com’è fatto il mondo. […] Gorizia è stata solo la prima città. Abbiamo pensato che fosse una parentesi, ma siamo cresciuti e abbiamo scoperto che si trattava della regola. L’abbiamo scelta per cosa avremmo potuto studiare, e quindi fare, e quindi diventare. Senza capire che non stavamo semplicemente vivendo ma che stavamo inventando, molto più radicalmente, una maniera di stare al mondo.

Questa è la speranza che Alessandro Fusacchia racconta in tutto il libro: “la buona scuola insegni a ritrovarsi, perché vivere è perdersi”. Un augurio per il futuro. E futuro è la parola che più volte ha contraddistinto gli atti di questo incontro. Chi ascolta e chi è intervenuto crede nel potere dell’immaginazione. Ma inoltre è convinto che sia possibile inventare una maniera di stare al mondo diversa, oggi nel presente e ancor di più domani, nel prossimo futuro, come dimostra l’intraprendenza degli aspiranti startupper seduti sugli spalti del Teatro anatomico.

La prof.ssa Maria Del Zompo e la direttrice del CREA Maria Chiara Di Guardo

Anche le parole della prof.ssa Maria Chiara Di Guardo sono incentrate sulla speranza del cambiamento grazie al potere dell’innovazione. Una scommessa che mette tutti d’accordo. L’ex rettrice dell’Ateneo di Cagliari si dice soddisfatta. Il racconto in prima persona dell’autore ha fatto luce su molti aspetti che prima non le erano chiari. Ma adesso ha capito. E concorda con la prof.ssa Di Guardo: la conoscenza è il miglior investimento per il futuro dei ragazzi.