A fine anno ci siamo chiesti quali azioni avessero segnato il 2019. I progetti distintivi, le collaborazioni, tutte le iniziative.
In corso d’opera ci siamo accorti della loro portata, dell’importanza, un peso significativo che si coglie solo a distanza. A distanza di tempo. Quando il vuoto lascia spazio alla costruzione di nuovi progetti.
La retrospettiva sulle attività del CREA è quindi un racconto sugli spazi in divenire, luoghi di presenze, di idee inedite. Progetti che oggi a distanza di tempo, grazie a uno sguardo complessivo, rivelano finalmente l’importanza del loro peso. Il significato vero, l’utilità, il valore.
Da cosa abbiamo fatto a cosa abbiamo imparato
Non si tratta semplicemente di quello che abbiamo fatto. Ma di quanto abbiamo imparato. L’insegnamento che ogni progetto, evento, incontro è stato in grado di raccogliere, entrando così nel novero dei buoni esempi, delle migliori pratiche a cui il CREA tuttora si ispira in previsione delle attività future.
Pensare fuori dalla scatola
È stato questo il più grande insegnamento dell’anno trascorso. Accogliere la novità, ricercare il nuovo. Chiedersi con curiosità “perché”, senza arrestarsi al dato precostituito. Guardare da altre prospettive, scorgere il mondo con gli occhi degli altri. Poi accettare la diversità, rendendola un punto di forza. E infine cambiare, progredire, mettersi in gioco, ma non rinunciare mai alla propria autenticità. Avere un’identità, essere coerenti, nella buona e nella cattiva sorte.
Quindi pensare fuori dalla scatola. Intraprendere strade poco battute. Infrangere le regole, per certi versi. E con coraggio e audacia tracciare nuovi destini imprenditoriali.
Sono stati questi i motti del 2019 al CREA. Valori personificati in eventi come Unica&Imprese e altri progetti come STARTS e The Shifters che hanno saputo rivolgere uno sguardo nuovo su realtà emergenti da prospettive differenti.
Giù dalla torre: ricerca e impresa insieme
UniCa&Imprese e CeSAR OpenDay hanno insegnato che talvolta pensare differentemente porta a risultati sorprendenti.
A valle, e non nel punto più alto di una torre, ricerca e impresa si incontrato. Un terreno condiviso, comune, democratico. Fatto di responsabilità reciproche. Fra tutte il benessere sociale di una comunità. Il contributo di ogni attore nella crescita di un tessuto complesso. L’impegno nello sviluppo di solide relazioni imprenditoriali grazie al ricongiungimento di due sfere troppo a lungo pensate come distinte.
È così che impresa e ricerca articolano un dialogo inedito. Da una parte la ricerca universitaria che si apre alla considerazione dei problemi del territorio. E dall’altra l’impresa che scopre nell’università una fucina di scoperte scientifiche tecnologiche innovative, al passo coi tempi.
D’altronde la ricerca universitaria è uno strumento a disposizione di chiunque. Un bene che attende un utilizzo, dai risvolti concreti che riguardano la crescita di una comunità. Dal punto di vista economico e poi da punto di vista sociale.
C’è una concezione legata a un nuovo umanesimo alla base. La tecnica, il progresso, lo sviluppo sono parte di un processo di crescita complessiva dove l’economia, il mercato rappresentano solo una faccia della medaglia. Non il bene ultimo e neppure l’obiettivo finale da raggiungere. Ma piuttosto un mezzo, lo strumento, il tramite verso quello stato di benessere generale. La ricchezza maggiore per ogni società: la felicità.
Il futuro di chi innova e il lavoro di oggi
Pensare differentemente significa prestare attenzione a quello che accade fuori dalla scatola, appunto. Lo sanno bene le giovani generazioni cresciute in un’epoca di incertezza lavorativa. E per questo portate ad immaginare altro da un lavoro tradizionalmente inteso. Sono più imprenditive queste generazioni. Usano le nuove tecnologie. Si adattano facilmente al contesto lavorativo. Dialogano con le generazioni precedenti. E nel giusto ambiente riescono ad esprimere tutto il potenziale grazie a cui riesco ad essere realmente innovativi.
Hanno quindi una mentalità imprenditoriale. Quasi 4 giovani su 10 pensano di intraprendere un percorso imprenditoriale. E il 52% sostiene che l’imprenditorialità dovrebbe essere materia di studio inserita nei programmi scolastici. Secondo l’Osservatorio Social Warning 2019.
I giovani nati tra il 1995 e il 2012 formano una comunità di quasi due miliardi di persone ed entro il 2015 rappresenteranno circa un terzo dei lavoratori di tutto il mondo. Difficile per un imprenditore d’oggi non badare a questo dato rilevante. Le aziende d’altronde devono guardare ai numeri, ai trand in crescita. Ma soprattutto devono prestare attenzione ai valori di cui le nuove generazioni sono portatrici.
Per un imprenditore cavalcare l’onda dell’innovazione significa anche questo: leggere i tempi e adeguarsi ai valori emergenti. Come quelli tracciati dall’orizzonte imprenditivo delle ultime generazioni. Una direzione percorsa anche grazie agli incontri fra la Community UniCa e le aziende del territorio locale.
Crescere all’interno di una rete condivisa
L’eterogeneità dei rapporti fra l’Università e il territorio circostante hanno tracciato un filo rosso. Una narrazione sulle buone pratiche di innovazione imprenditoriale fino ad ora raccontate. Un denominatore comune che tuttavia ha fatto emergere particolarità, modalità alternative di raggiungere il medesimo obiettivo condiviso. Guardare fuori dalla scatola significa d’altra parte costruire un tessuto di interazioni nuove, al di là delle solite convenzioni.
STARTS è uno di quei progetti con cui il CREA ha immaginato in maniera differente l’interazione fra la ricerca scientifica-tecnologica prodotta dall’Ateneo e le sue implicazioni in ambito aziendale. Sfruttando i mezzi che l’innovazione digitale oggi mette a disposizione. Come la rete, uno dei canali che più di tutti rende democratica la condivisione di qualsiasi sapere, incluso quello universitario nato nei luoghi deputati alla ricerca.
STARTS è in infatti un portale interattivo e multifunzionale che sostiene la diffusione e lo scambio della conoscenza fra UniCa e il territorio regionale e nazionale. Agevola lo sviluppo imprenditoriale e l’innovazione attraverso l’utilizzo di tecnologie proprie dell’intelligenza artificiale. Una rete digitale dunque che prelude il vero incontro, il dialogo concreto fra università e impresa. Accomunate entrambe da un unico obiettivo: la crescita sociale ed economica del territorio circostante.
Cinema, storytelling e trasferimento tecnologico
Pensare fuori dagli schemi, uscire fuori dalla scatola richiede uno sforzo immaginativo. Uno slancio verso quegli scenari che nessuno ha mai saputo tracciare. L’ispirazione che viene da settori diversi. E poi il prestito di questi ultimi nella realizzazione di qualcosa di inedito.
La commistione che si crea nel progetto universitario The Shifters deve molto al cinema, quel linguaggio quotidiano per tanti, in grado di rappresentare un sentire comune. Il quel luogo, lo schermo di un cinema, di un pc, un tablet o smartphone, sono trasposte le vite di altri, non molto dissimili da quelle di chiunque, in fin dei conti.
The Shifters prende in prestito quel linguaggio, le storie di un mondo fatto di “ciak si gira” e “buona la prima”. Ma poi sigilla il prodotto finale con un marchio tutto suo. Unico e inimitabile. Pensando fuori dalla scatola. E così realizza la prima web serie capace di raccontare la ricerca universitaria all’interno del canovaccio di tutti i giorni. La vita vera che accomuna tutti, anche i ricercatori, gli scienziati. Persone come tante. E in questo vicine a chiunque si appresti per la prima volta a conoscerle proprio grazie a quella particolare commistione fra cinema, storytelling e trasferimento tecnologico, la cosiddetta terza missione delle università. Il movimento di diffusione dei saperi, delle tecnologie, dell’innovazione sul territorio e dunque nelle vite di tutti.